The Town of Light - Ombre su Volterra
Sembra impossibile ma nel 1887 in Italia, e più precisamente a Volterra, fu inaugurato un ospedale psichiatrico che aveva il compito di "curare" i pazienti affetti da malattie o patologie legate essenzialmente alla mente. L'ospedale psichiatrico, che ha visto la sua chiusura reale nel 1978 in seguito alla legge numero 180, si è circondato nel tempo di una reputazione sinistra che vedeva, ad esempio, medici ed infermieri essere visti come guardie carcerarie. Un vero e proprio incubo, fatto di soprusi inespressi e tornati alla luce in tempi più recenti. Town of Light si fa carico di quella triste ed angosciosa vicenda, portando il videogiocatore ad esplorare proprio il famigerato manicomio, minuziosamente riprodotto. Diversamente da ciò che si può immaginare i ragazzi di Lka.it, tra l'altro toscani e più precisamente di Firenze, non hanno calcato la mano riproducendo uno dei tanti horror ormai in circolazione. Town of Light è un qualcosa di diverso, per certi versi un ibrido, ossia una avventura grafica di carattere fortemente psicologico. I temi trattati sono nudi, crudi, come anticipano giustamente le avvertenze iniziali, senza mediazione di censura alcuna. Forte di queste premesse il titolo permette di indagare un vero e proprio mistero, un enigma irrisolto, che si è celato all'interno di quel manicomio e che porta come firma Renèe. Town of Light ha visto la luce il 26 Febbraio 2016 su PC e ad un anno di distanza fa il suo ingresso anche su console. Noi di Gamelite ci siamo quindi apprestati a provarlo, e recensirlo, in questa sua nuova veste.
Dov'è la mia Charlotte?
Il manicomio di Volterra, realmente esistito, è come detto la base su cui si fonda essenzialmente il gioco. Una storia interattiva, che permette al videogiocatore di muoversi di stanza in stanza, godendosi di fatto la ricostruzione di uno degli elementi simbolo, purtroppo, della Toscana di inizio '900. I ragazzi di Lka.it più precisamente ci portano nel lontano 12 marzo 1938 quando Renèe, allora sedicenne, fu strappata dalla sua realtà e, con la complicità della madre, internata nell'ospedale psichiatrico e conseguentemente privata di tutto. Il motivo formale, ufficiale, è dato dalla questura di Pisa: "pericolosa per se stessa e per gli altri e di pubblico scandalo". Una accusa che la porta a perdere tutto, a far di conto con la propria umanità, schiacciata dal peso di un avvenimento così duro e, soprattutto, crudo. La storyline si basa proprio sul rivivere, a posteriori, la storia di questa ragazzina, alla ricerca di ciò che davvero è successo tra le mura di quella triste e sciagurata struttura. Il vero obiettivo, oltre che godersi appieno una rivisitazione storica minuziosa e carica di elementi di indubbio valore per la cultura italiana e soprattutto toscana, è la verità. Una verità che ci sarà svelata senza indugi, senza la necessità di piacere al pubblico, ma che si mostra per ciò che è davvero. Si tratta di una rivisitazione storica, resa giocabile tramite vari astuti accorgimenti, condita da una storia dall'indubbia capacità di lasciare senza parole.
Un gameplay estremamente basilare
L'esplorazione è libera, con la possibilità di ruotare a 360° ed osservare qualsiasi piccolo aspetto che arrivi a catturare la nostra attenzione. Una scelta di assoluto pregio, che favorisce l'immersione, e che permette di capire meglio cosa davvero possa aver significato, per i pazienti, essere rimasti rinchiusi con la forza in quella struttura che, spesso e volentieri, urla alla claustrofobia. Corridoi stretti, stanze dal poco spazio e ricolme di oggetti che, essendo il gioco ambientato nel 2016 (la storia che si intende rivivere è datata 1938), appaiono vecchi e rugginosi. I movimenti sono dunque liberi, così come la possibilità di interagire con gli oggetti (mai troppi a dire il vero) che i programmatori hanno seminato qua e la con lo scopo dichiarato di rendere più chiaro cosa davvero si cela all'interno di quella storia apparentemente fumosa. Un fumo voluto che, proseguendo, si dirada sempre più fino a svelare ciò che davvero è successo a Renèe. Gli oggetti, che sono essenzialmente ritagli di giornale e vecchie fotografie, possono essere letti ed analizzati. Alcuni di essi, quelli più interessanti ai fini della storia, vengono letti direttamente dalla protagonista che ci troviamo ad impersonare.
Tolto questo, che è di indubbio fascino (specie se si pensa che ci vien data la possibilità di esplorare un luogo storico, ormai decaduto, ricostruito con minuzia), resta però davvero poco a livello di gameplay. Senza nulla togliere alla storia, che da sola con ogni probabilità potrebbe valere il prezzo del biglietto, le azioni che si possono eseguire all'interno risultano essere davvero poche e, spesso, meccaniche. Quasi come se si fosse, per continuare la metafora di prima, degli spettatori non paganti (o paganti, dato che il gioco viene acquistato). La narrazione, che diventa sempre più evidente con il proseguire del gioco, è strettamente legata ad un binario che, seppur invisibile, ci viene indicato mediante alcune indicazioni che provengono proprio dalla protagonista, che scava nei ricordi. Spesso il proseguire della storia, infatti, si basa essenzialmente sul raggiungere un determinato punto della struttura, vedere un filmato, e proseguire verso un'altra, alla ricerca di un nuovo filmato esplicativo. E, questo, quasi per tutta la breve durata del videogioco.
Non è tutto oro ciò che luccica
Il grande difetto di questo Town of Light non è affatto la meccanicità dell'esplorazione, che per un videogioco che mira a raccontare una storia può essere anche piuttosto accettabile, quando invece l'ottimizzazione che si cela dietro il prodotto console. La differenza tra la versione PC e quella PlayStation 4 standard è incredibile. Se su computer si può vivere piuttosto tranquillamente la vita di Renèe (si fa per dire, data la brutalità del manicomio), grazie ad un gioco che comunque registra una sorta di stabilità in termini di fps, lo stesso non si può dire per la versione PS4. Il gioco scatta sempre e comunque, in ogni situazione, anche quella più calma e rilassata. Il movimento è scattoso, il che porta spesso e volentieri alla difficoltà di giostrarsi all'interno delle stanze, finendo ad esempio per cozzare con dei legni sporgenti e così via.
Proprio sulla grafica una ennesima delusione, dato che appare infinitamente inferiore a quella registrata su computer. Non si parla tanto di qualità, che nonostante qualche immagine un po' troppo sfocata appare comunque in grande stile, capace davvero di raccontare la storia prefissata. No, ci riferiamo agli elementi grafici che appaiono dal niente, semplicemente camminando, creando un effetto ottico davvero incalzante e, possiamo dirlo, anche insopportabile. Il luccichio degli oggetti, dovuto ad una illuminazione davvero mal giostrata ed impostata, rende ancora meno gradevole l'impatto grafico sin dal primo sguardo. Un vero peccato perché, sommandosi al resto, va a penalizzare pesantemente una storia che, per essere compresa e empatizzata, necessita di una sorta di coinvolgimento che avrebbero, in sintesi, potuto assicurare maggiormente.
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The Town of Light
Parlando di Town of the Light non si può che pensare ad un grandissimo gioco. La storia che si cela alla base, grazie ad una ambientazione reale, che si fonda anche su una struttura largamente discussa e dai contorni tenebrosi, riesce a colpire. Nonostante la brevità, e la scarsa rigiocabilità del titolo, rimarrebbe comunque una esperienza che chiunque, almeno una volta, dovrebbe provare. Dovrebbe. Sì, perché i difetti da cui è afflitto il gioco in questa versione PlayStation 4 sono davvero molti, e per certi versi talmente fastidiosi da essere insormontabili. Difficile immaginare nel 2017 dei problemi simili sia a livello di gameplay, ma soprattutto di grafica, con una illuminazione scadente che finisce per danneggiare irrimediabilmente l'esperienza di gioco.
Un vero peccato perché, a livello narrativo e di studio, i ragazzi di LKA.it hanno eseguito un lavoro magistrale. Un potenziale inespresso, o per meglio dire espresso davvero malamente. Il fatto che il gioco, nonostante questi problemi di ottimizzazione e di grafica, si mostri comunque appagante, mostra evidentemente come ciò, con qualche accortezza, sarebbe potuto essere stato un gioco estremamente interessante.
Pro:
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Storia interessante e capace di colpire nel profondo
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Manicomio minuziosamente riprodotto
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Narrazione completa ed avvincente
Contro:
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Ottimizzazione su console inaccettabile
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Graficamente troppi glitch
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Sistema di gameplay molto risicato
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Bassa longevità