Persona 5 - Una maschera di giustizia
Che i jrpg stiano trovando terreno fertile anche in un cultura tanto diversa come quella europea è un fatto ormai assodato, reso ancora più evidente dall'uscita di svariati titoli che, da parte sia della critica che dell'utenza in generale, stanno riscuotendo grande successo. È il turno adesso di Persona 5, sviluppato da Atlus e rilasciato da Deep Silver, che il 4 Aprile sbarcherà negli scaffali italiani per deliziare sia i fan, sia i nuovi che per la prima volta, spinti da curiosità o dagli ottimi responsi della critica, decideranno di dargli una opportunità. Persona 5 però, come ogni jrpg, o si odia o si ama, in un rapporto di bianco o di nero, senza alcuna possibilità di una sfumatura di grigio. Vuoi la realizzazione artistica tutta loro (nella maggior parte dei casi comunque indiscutibile), vuoi la grandissima mole di dialoghi accompagnata da scene che narrano alla perfezione anche il più piccolo dei dettagli, non tutti riescono ad apprezzare questo genere prettamente giapponese. Un genere difficile non tanto a livello di gameplay, quanto tematico, capace tuttavia di dare grandissime soddisfazioni e di colpire nel profondo il videogiocatore stesso. È questo che piace, nella stragrande maggioranza dei casi, al videogiocatore che apprezza i jrpg: la possibilità di immergersi in una storia sicuramente singolare e sicuramente profonda.
Atlus, ricalcando le orme che furono dei Persona precedenti (il terzo capitolo uscito nel 2006, il quarto nel 2008), ritaglia dunque un immenso spazio alla narrazione, che arriva a coprire addirittura le cento ore di gioco. Lunghissimi filmati, con sequenze animate che ci accompagnano praticamente ad ogni passo, che ci rendono spettatori non passivi di fronte allo scorrere degli eventi. Così, con una fortissima caratterizzazione sia degli eventi sia dei personaggi, Persona 5 ci introduce nei meandri più ricchi e sorprendenti del panorama offerto dai giochi di ruolo giapponesi. Una esperienza lunga e profonda che difficilmente gli amanti del genere potranno rifiutare.
Una storia profonda dai contorni oscuri
Ci sono storie che partono con il freno a mani tirato, e storie che invece impazzano da subito, in una esplosione che fa toccare con mano la sostanza che si cela davvero dietro il titolo. Un assaggio che i ragazzi di Atlus hanno deciso di non negare ai videogiocatori, facendo subito intuire sia il reale gameplay di Persona 5, sia la storia che fa da background allo svolgersi degli eventi. Ci appare così davanti agli occhi una Tokyo ben diversa da quella che siamo solitamente abituati ad immaginarci, vista in una chiave decisamente più creepy e, per certi versi, anche misteriosa. Tralasciando il discorso delle molte "dimensioni", su cui torneremo più avanti nel corso della recensione, basti qua dire che anche la vera Tokyo risulta essere estremamente affascinante.Per una precisa scelta degli sviluppatori alcuni quartieri della grande città nipponica sono visitabili ed interamente godibili, tempestati di un via vai di gente che affolla spesso le strade. Tutte persone ben rese artisticamente, cui mancano però i dettagli del volto. Una dimenticanza dei disegnatori? Assolutamente no. Proprio per evocare il forte senso di estraneità che si ha all'interno di una grandissima città (come può essere appunto Tokyo), e l'incapacità della mente umana di visualizzare e ricordare ogni singolo sguardo e volto delle persone che ci circondano, solo quelle con cui interagiremo direttamente saranno visualizzabili per interno anche nei lineamenti stessi. Una scelta singolare, di sicuro effetto, che contribuisce a caricare un gioco come Persona 5 di contorni davvero fortemente razionali. Più di quanto davvero ci potremmo immaginare ad uno sguardo più superficiale e meno attento.
Il protagonista ci viene quindi presentato grazie ad alcuni filmati, ad alcuni dialoghi ed alcune scene giocabili che fungono sia da introduzione, sia da tutorial. Un tutorial lungo, che permette di capire a chiunque, anche a chi non ha mai giocato ai precedenti Persona, cosa il gioco intende toccare e soprattutto le varie funzioni di cui è composto. La caratteristica di questo Persona 5 è proprio di essere giocabile da chiunque, anche da coloro che non hanno mai sentito nominare la saga, senza agganci incomprensibili ed inspiegabili al passato. Ogni aspetto viene narrato al dettaglio.
La storia appare dunque subito chiara, attraverso lunghi e particolareggiati flashback, dando un inizio travagliato in cui (senza spoilerare alcunché) ci troviamo a difendere fisicamente una ragazza importunata per strada da un tizio potente. L'intervento del nostro personaggio non viene tuttavia gradito da questo individuo molesto che, essendo ricco e largamente influente, compra il silenzio della vittima, facendoci addirittura arrestare per aggressione. Da lì la storia si protende verso altri avvenimenti, tra cui un trasferimento in una specie di stanza davvero malmessa. Dì lì in poi la progressione degli eventi è accelerata, creando davvero ogni volta un senso di curiosità che spinge ad andare avanti a proseguire, nonostante magari varie ore accumulate alle spalle. Che non sia tutto aderente alla realtà appare comunque ben chiaro, attraverso una misteriosa app che appare sul cellulare e non accenna a svanire. Varie dimensioni che turberanno e sradicheranno i preconcetti dei personaggi, tra cui quello del protagonista stesso. Non manca davvero niente all'appello.
Puri elementi di rpg
La grafica, e lo stile fumettistico, non devono ingannare: dietro si cela un vero e proprio sistema di gioco di ruolo. Solo aprendo il menù di Persona 5 si notano classiche voci che ormai sono un must del genere, come le skill (abilità), gli oggetti e l'equipaggiamento. Dando un'occhiata più da vicino alle abilità si nota che i personaggi sono provvisti di livello e, oltre ad esso, di un tot numero di punti ferita e di "SP". Gli SP altro non sono che punti necessari ad utilizzare gli attacchi speciali in battaglia, ossia attacchi particolarmente potenti legati in particolar modo alla "Persona". I Persona, che altro non sono che rappresentazioni allegoriche (e per certi versi anche metaforiche) delle emozioni umane, permettono questi attacchi psichici e possono essere padroneggiati soltanto da determinate persone. Il protagonista, il cui nome può essere scelto ad inizio gioco, rimane comunque l'unico in grado di gestirne più di uno contemporaneamente. Ma come si ottengono questi Persona? Essenzialmente combattendoli all'interno dei Metaverse, ossia quelle dimensioni alternative e distorte che la squadra dei Phantom Thieves si ritroverà a percorrere.
Questi, che sono i maggiori aspetti caratteristici del genere che immediatamente saltando all'occhio, non sono tuttavia i tratti distintivi unici. Altre piccolezze, che sono anche piccole perle, adornano il gioco rendendolo più ricco e ancora più attento ai dettagli. Lo scorrere del tempo e dei giorni, infatti, risulta essere importante nel corso del gioco a tal punto da capire quando conviene riposare e quando invece fare cose che, altrimenti, potrebbero non essere più disponibili e dunque mancabili. Una vera e propria scelta strategica che viene messa nelle mani del videogiocatore che, calcando un po' anche ciò che furono i precedenti capitoli di Persona, è l'artefice primo dell'andamento della storia. Fare una cosa piuttosto che un'altra può modificare alcuni avvenimenti, in maniera un po' (ma non eccessivamente) più netta rispetto a ciò che permettono altri giochi come ad esempio quelli targati Telltale.
Non si è soli a combattere
Nel precedente paragrafo abbiamo accennato ad una squadra denominata "Phantom Thevies" che altro non è che un gruppo di altre persone in grado, come noi, di poter gestire i Persona. Ecco quindi che tornano in auge le figure dei Confidant, ossia personaggi con cui il protagonista si ritroverà ad avere a che fare mettendo in campo conversazioni che permetteranno di incrementare il rapporto con ciascuno di essi. Incrementare il rapporto è un meccanismo semplice, basato sul dialogo e sulla scelta di una possibile risposta da dare a tale Confidant, che permetterà di incrementare o meno il rapporto.
La possibilità di combattere a turni e di poterlo fare con personaggi che spalleggiano il protagonista fa sì che tutto si trasformi in un qualcosa di estremamente fluido e dinamico. Combattimenti che non fanno pesare la tipica lentezza (non negativa, sia chiaro) dei combattimenti a turni e che permettono di dar vita a vere e proprie combo frutto di esperienza sul campo. Gira che ti rigira appare quindi con evidenza la capacità di Atlus di creare non solo una storia con i fiocchi, ma anche un sistema di skill/combattimento all'altezza e soprattutto ben accompagnato da un comparto tecnico e artistico davvero degni di nota. Lo stesso menù, realizzato volutamente in stile fumettistico, risulta essere non solo gradevole ma anche immensamente chiaro e immersivo.
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Persona 5
Come scritto nella prefazione, gli jrpg stanno ormai prendendo piede, riscoperti e amati anche all'esterno del loro guscio culturale. L'Europa, grazie anche ai videogame, sta accedendo ad una cultura tanto particolare quanto intrigante, ben lontana dalla nostra e con concetti ed espressioni apparentemente molto diversi. Persona 5 è proprio il titolo che racchiude in sé questo esplodere della cultura nipponica, con il Giappone che a distanza di davvero poche settimane piazza sul mercato dei titoli rimasti per troppo tempo inesplorati. Stiamo alludendo ovviamente a NiOh e NieR che, nonostante generi largamente opposti tra loro, e lontani allo stesso modo da Persona 5, sono emblemi di una cultura che finalmente viene scoperta e amata. Grazie ad uno stile narrativo fondamentalmente chiaro e non confusionario, e grazie ad una resa artistica davvero stupefacente per ciò che riguarda i disegni, Persona 5 si affaccia con forza in un mercato che è stato fin troppo ingeneroso in passato con i precedenti capitoli. Nonostante questo risulta evidente dal primo avvio come Atlus non abbia cercato di cavalcare l'onda per modificare il proprio patrimonio a livello di gameplay. In altre parole non cerca di ingraziarsi nuovi fan esplorando temi e nuovi elementi, quanto piuttosto cerca di rimanere fedele a ciò che fu da traino per gli ormai fedelissimi amanti della serie Persona. Un'avventura davvero lunghissima, fatta di descrizioni dettagliate e minuziose anche di elementi magari secondari, come possono essere dialoghi dimenticabili, cene o semplici incontri. Una avventura fatta e consigliata unicamente a coloro che amano leggere, che non vogliono soltanto un gioco ma ancor di più cercando una emozione. Perché questo, Persona 5, cerca di dare. A fronte di tutto questo, però, c'è la difficoltà per molti del nostro Paese di giocare a Persona 5, a causa di una mancata localizzazione italiana. Non stiamo parlando di una assenza dei dialoghi italiani, ma anche degli stessi sottotitoli che appaiono al più in inglese. Un problema abbastanza grosso per chi l'inglese lo mastica poco perché, per quanto obiettivamente il gioco utilizzi (al di là di termini puramente dialettali) un inglese piuttosto base, rischia di pesare in una narrazione lunga, finendo per stancare o, ancor peggio, snervare. Sempre rimanendo collegati alla lingua, Atlus ha fatto sapere della prossima uscita di un DLC che implementerà la possibilità di leggere i sottotitoli inglesi ma, al contempo, di lasciare i dialoghi in giapponese. Altri DLC saranno rilasciati a pagamento successivamente, ma non andranno (così è stato detto) ad intaccare la storia ma unicamente ad aggiungere nuovo vestiario.
Pro:
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Storia chiara e coinvolgente
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Estremamente longevo
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Artisticamente impeccabile
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Soundtrack all'altezza
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Combattimenti fluidi e dinamici
Contro:
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Tutorial in qualche aspetto un po' carenti
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Mancanza pesante dei sottotitoli italiani